Non c’è nessuno che pubblicamente non apprezzi l’esistenza delle biblioteche, ma nei fatti si spende poco o nulla per farle crescere e svilupparne le reali potenzialità.
Prendiamo ad esempio quella di Pavona, in via Roma, lasciata andare in malora e senza manutenzione da decenni. Si trova a due passi dal centro anziani, adiacente ad un’area verde attrezzata per bambini molto frequentata, facilmente raggiungibile da tutti durante le normali incombenze quotidiane ed equidistante sia dalla scuola Antonio Gramsci che dalla Dante Alighieri, tutte realtà che potrebbero interagire con una biblioteca.
Attorno avrebbe lo spazio per essere ampliata e diventare un polo di aggregazione culturale per i giovani, con sale lettura luminose, dotate di connessione a banda larga e wi-fi. Anche l’aspetto estetico è importante, per attrarre attenzione e utenti, ma anche per contrapporre la bellezza al degrado. Potrebbe diventare un presidio di valori positivi in una strada in cui i giovani vivono purtroppo realtà degradate, finite nelle pagine di cronaca per arresti per spaccio e denunce di altri illeciti.
L’amministrazione ritiene di conoscere tali problematiche e le esigenze dei cittadini tanto bene da non doverli interpellare e sembrerebbe aver deciso il trasferimento della biblioteca a Villa Contarini. Non appena lo abbiamo saputo ci siamo posti il problema di valutarne gli effetti, così è stato diffuso un questionario tra gli appassionati di libri e l’87% preferirebbero soluzioni legate al miglioramento dell’attuale sede. Alcune insegnanti hanno scritto direttamente al sindaco, chiedendo di ripensarci. Il Comitato di Quartiere Pavona Uno ha espresso perplessità in merito alle conseguenze dell’abbandono dell’attuale sede, in comodato d’uso gratuito da parte dell’ATER, sia in relazione al rischio degrado dell’area sia paventando un calo della frequentazione della biblioteca.
Tali pressioni hanno ottenuto comunque un primo risultato: costringerli a ragionare, così hanno pensato almeno di spostarci gli uffici dell’anagrafe e dell’URP, che oggi sono aperti 4 ore a settimana in locali dove il Comune paga 30.000 euro di affitto l’anno.
Ci chiediamo come si possa parlare di “piano strategico della città” e spendere 50.000 euro per le aperture degli uffici il sabato, e poi non coinvolgere i cittadini nei processi decisionali. Come cittadini a cui sta a cuore il bene della città proviamo lo stesso a dare qualche suggerimento.
Quanto costerebbe fare i certificati on line, come avviene sul sito del Comune di Roma, o istallare delle postazioni self service, come ha fatto il Comune di Torino? Basterebbe un monitor collegato ad una stampante da mettere a disposizione all’interno della stessa biblioteca. Le fasce deboli come gli anziani potrebbero ricevere la carta d’identità direttamente a casa tramite i servizi sociali, se usufruiscono dell’assistenza domiciliare, o tramite gli ufficiali di stato civile nei casi già previsti.
Si tratta di mettere in pratica il cosiddetto pensiero collettivo: un’idea ne innesca altre, in un processo di fertilizzazione che porta a soluzioni a cui una persona sola non sarebbe mai arrivata.
Un vero piano strategico partecipato permetterebbe anche di ridurre le controversie successive, per le quali l’amministrazione paga migliaia di euro per spese legali e di concentrare le risorse sulle priorità. Tale modalità di amministrare trasforma i cittadini in preziosi consulenti a costo zero. Per Villa Contarini ad esempio nel 2014 erano state fatte delle proposte (da leggere qui) per trasformarla in un polo della salute e del benessere: sono state messe le luci e la fontanella all’ingresso, ma per il resto ancora niente: il cancello su via del mare resta ancora chiuso, costringendo a fare un percorso più lungo e più pericoloso.